Nella
mattinata di
oggi personale
della Squadra Mobile della Questura di Bologna, ha
dato corso all’ordinanza di misure cautelari emessa dal G.I.P., dr.ssa Roberta
Dioguardi, su
richiesta del P.M.
dr.ssa Rossella
Poggioli, applicativa
della misura cautelare degli
arresti domiciliari nei
confronti dell’avvocato L.F.,
di anni 39, del Foro di Bologna, e di un complice di nazionalità tunisina, Z. F., indagati per
i reati di falso ideologico in atto pubblico per induzione in errore,
contraffazione e
utilizzo di documenti al fine di determinare il rilascio del permesso di
soggiorno e favoreggiamento della permanenza in clandestinità nel territorio
dello Stato.
La Polizia di Stato ha contestualmente proceduto alla
perquisizione personale e domiciliare dei destinatari delle misure, dello
studio professionale del legale, nonché alla perquisizione nei confronti di una
terza co-indagata, praticante e collaboratrice di studio. L’attività d’indagine ha preso
avvio nel mese di giugno 2018 grazie ad alcune segnalazioni
provenienti dall’Ufficio Immigrazione della Questura di Bologna, che aveva
registrato un deciso aumento delle domande di protezione internazionale,
avanzate anche da cittadini stranieri che dimoravano in Italia da
diverso tempo privi di un regolare permesso di soggiorno. Dai primi
accertamenti svolti, gli assistiti dal legale risultavano
aver fittiziamente e preordinatamente trasferito il proprio domicilio nel
territorio provinciale per poter presentare la propria istanza alla locale
Questura. Gli stranieri richiedenti asilo, come dagli
stessi dichiarato, non avevano mai effettivamente domiciliato presso le
abitazioni dei soggetti che avevano sottoscritto, dietro compenso, le
dichiarazioni di ospitalità in loro favore, ed entrambe le parti, consapevoli
di tale circostanza, producevano documentazione falsa al fine di ottenere il
permesso di soggiorno. In questo scenario è emerso il ruolo di collettore svolto dal legale del
Foro di Bologna, il quale risultava aver avanzato, nel solo anno 2018, oltre
800 istanze di fissazione di appuntamento per altrettanti cittadini stranieri
richiedenti protezione internazionale, molti dei quali risultavano provenire da
varie parti d’Italia. All’interno delle diverse comunità di stranieri
dimoranti sul territorio nazionale, infatti, si era diffusa la
notizia, che bastava rivolgersi all’avvocato di Bologna per ottenere
agevolmente un permesso di soggiorno.
L’indagine svolta dalla Squadra Mobile di Bologna ha permesso di raccogliere inequivocabili elementi, delineando chiaramente le varie fasi della condotta illecita posta in essere ed evidenziando i ruoli ricoperti da ciascuno dei principali co-indagati nel meccanismo ideato dall’avvocato. Dopo un primo contatto telefonico, lo straniero, proveniente dalle più disparate parti d’Italia, ottiene un appuntamento presso lo studio legale di Bologna, dove si conclude l’accordo tra le parti, con il pagamento di un primo acconto da parte dell’assistito e la fissazione di un appuntamento presso una delle Questure tra Bologna, Ravenna, Forlì-Cesena, Modena e Rimini. Il professionista, infatti, vantava di gestire la fissazione degli appuntamenti dei propri assistiti tra le diverse questure delle provincie limitrofe, a seconda di quelle che, a suo dire, in determinati momenti storici, sembrava effettuare controlli più o meno approfonditi riguardo la documentazione dei domicili dichiarati dai richiedenti asilo e/o in relazione al tempo di attesa richiesto da ciascun ufficio per la fissazione dell’appuntamento.
Un secondo incontro, sempre presso lo studio legale, avviene qualche giorno prima del primo appuntamento in questura, circostanza nella quale avviene una sorta di “interrogazione” condotta dall’avvocato – o dalla sua diretta collaboratrice di studio – nei confronti dello straniero, per prepararloall’intervista che si svolgerà presso l’ufficio immigrazione. Infatti, si è avuto modo di accertare che in queste occasioni il legale testa con mano – assumendo le vesti del poliziotto che poi rivolgerà le stesse domande ai richiedenti asilo – la loro preparazione riguardo: il nome del soggetto che li ospita, la composizione del relativo nucleo familiare, l’indirizzo dell’abitazione, ecc. Dalle affermazioni dell’avvocato emerge inequivocabilmente la sua consapevolezza circa la falsità delle domiciliazioni dei propri assistiti nel territorio provinciale della questura presso cui ha presentato istanza. Qualora l’assistito non sia in grado di procurarsi autonomamente, tramite le proprie conoscenze, un domicilio nel territorio provinciale della questura presso cui il legale ha deciso di presentare la relativa istanza, ecco che interviene la figura del coindagato tunisino, che viene contattato da chi ha bisogno di una dichiarazione di ospitalità, dietro input diretto dell’avvocato ed in sua presenza. L’indagine ha altresì consentito di delineare con esattezza i ruoli e le condotte di tutti i compartecipi, per un totale di 41 indagati, e di mostrare la rilevanza, in termini di ritorno economico, del disegno criminoso ideato e posto in essere dal legale.