“Divieto temporaneo di esercitare attività professionali o imprenditoriali” : è quanto è stato emesso dal G.I.P. del Tribunale di Bologna nei confronti di otto soggetti responsabili, a vario titolo, di bancarotta fraudolenta, indebita compensazione e frode fiscale.
L’attività d’indagine si innesta in un filone investigativo particolarmente complesso che, nel tempo, ha visto coinvolte svariate società, emiliane e non, attraverso la riproduzione di un collaudato ed insidioso schema di frode.
Il programma criminale messo in atto prevedeva l’individuazione e l’acquisizione di società affermate e solide sul territorio, ma vertenti in situazioni di momentanea difficoltà finanziaria, da sfruttare per ottenere crediti dalle banche mediante la presentazione di finti business plan o richieste di anticipo su fatture (ovviamente false).
Nel caso di specie, l’analisi svolta è stata incentrata sulla posizione fiscale e tributaria di una società avente per oggetto il commercio all’ingrosso e la manutenzione di carrelli elevatori. L’impresa, coinvolta in un vorticoso meccanismo di fatture false, di indebite compensazioni di crediti inesistenti e di frodi perpetrate nei confronti di istituti di credito felsinei, è stata dichiarata fallita dal Tribunale di Bologna nel 2014.
Dissimulando il dissesto e lo stato d’insolvenza della società, gli indagati dopo aver incassato crediti dalle banche per rilevanti importi, mascherando le uscite di denaro dalla società attraverso false fatture verso terzi compiacenti, incassavano liquidità e patrimoni per poi dileguarsi. Il tutto con gravissime ricadute sull’economia del territorio sia da un punto di vista economico che finanziario causando danni ingenti per oltre 6 milioni di euro al sistema bancario, a quello degli istituti di leasing e all’Erario.
La contestazione dei reati di bancarotta sono statericostruite grazie a complesse indagini tecniche condotte congiuntamente da Guardia di Finanza e Carabinieri che hanno portato alla luce condotte e atteggiamenti degli indagati che non mancavano di millantare conoscenze molto influenti all’interno delle istituzioni.
Stigmatizzata nel corso delle ricostruzioni la condotta di uno degli indagati che oltre ad aver dichiarato spavaldamente al curatore fallimentare di “ripulire” le società in stato di dissesto per professione si è attivato, nel pieno delle indagini, per distruggere la contabilità o farla sparire e commettere senza remore alcuna una serie di gravi distrazioni patrimoniali ai danni delle società da lui direttamente amministrate.