Nel periodo di difficoltà che stiamo affrontando c’è chi decide di dare spazio a gesti di solidarietà, ora come non mai graditi e utili per fronteggiare la situazione. Raccontiamo una bella storia, che merita di essere conosciuta per la sua spontaneità e per la reale capacità di offrire un sincero aiuto sul proprio territorio e nei confronti delle persone e delle realtà che vivono all’interno.
A scendere in campo sono Jessica Faccini e il marito Andrea Padovan, titolari della Sartoria San Lazzaro, atelier di abiti da sposa, che hanno deciso di mettersi a servizio della comunità realizzando mascherine da destinare ai più bisognosi e a chi vive e affronta in prima linea questa emergenza.
Un grande gesto di solidarietà, nato a seguito di una tragedia familiare, che ha portato l’attenzione sulla scarsa strumentazione in dotazione al personale medico, i primi a fronteggiare questa emergenza: “Io e mio marito ci siamo guardati negli occhi e essendo loro i primi a non avere i presidi di protezione, abbiamo cercato di capire cosa fare e come poterli aiutare; così ci è venuta in mente l’idea di produrre delle mascherine per loro, per le persone che sono in prima linea a salvare vite umane come gli operatori socio sanitari, le forze dell’ordine, gli infermieri, le farmacie ma anche per i più bisognosi come le persone anziane”.
Grazie ai social, fondamentali in questo periodo per la circolazione di notizie, è stato possibile far conoscere questa iniziativa: “Abbiamo iniziato con i nostri laboratori e con le nostre sarte e abbiamo atto un appello, tramite la nostra pagina Facebook, affinché ci fossero sarte disposte a fornire la loro manodopera per produrre queste mascherine. Noi pensiamo all’acquisto del materiale che poi destiniamo a ciascuna sarta che si è resa disponibile a produrle”.
Le mascherine, ci spiega Jessica, sono prodotte in TnT (tessuto non tessuto), un materiale super protettivo già testate all’ospedale Sant’ Orsola, dove il Direttore Sanitario, una volta averle provate, ha deciso di procedere con un ordine: “Sono incinta e ho chiamato la mia ostetrica, che sento spessissimo in questo periodo, per chiederle della situazione in ospedale e intuendo che non fosse delle migliori”. Un vero e proprio gesto di solidarietà che si spera, possa arrivare a quante più persone: “Quello che facciamo per beneficenza lo produciamo noi, con le nostre sarte, senza chiedere nulla a nessuno. Mi auguro che subentri un fattore di collettività che venga divulgato il più possibile affinché ci siano più sarte pronte a proporsi per la realizzazione di queste mascherine da dare in beneficenza”.
Una iniziativa, ci dice Jessica, che ha fatto registrare delle richieste di produzione anche da realtà diverse da quelle medico sanitare: “Ci sono tante aziende, enti e realtà che ce le ordinano. Abbiamo deciso di scindere le due produzioni e per le richieste di questo tipo le mascherine, come nel caso di quelle ordinate dall’Ospedale Sant’Orsola, vengono prodotte ad Ascoli, in uno specifico laboratorio Covid-19, già destinato alla produzione di mascherine per la protezione civile. Invece noi, insieme alle sarte dell’atelier e a quelle che hanno aderito all’iniziativa, continueremo a produrle gratuitamente per tutti coloro che ne hanno bisogno”.
Oltre alla solidarietà, abbiamo chiesto a Jessica un pensiero sulla gestione dell’emergenza e sui possibili scenari che si apriranno sotto l’aspetto economico e aziendale: “Secondo me sarà una nuova partenza per tutti dove si ripartirà da zero: sarà facile o no a seconda della realtà lavorativa in cui ci si trova, ma si ripartirà più forti di prima. Abbiamo capito tardi il fatto di preservare l’Italia e forse dovevano essere prese da subito restrizioni drastiche. Abbiamo vissuto in un’agonia nel sapere come affrontare la situazione dal punto di vista lavorativo e umano. Sicuramente avranno avuto le loro motivazioni, ma così facendo abbiamo lasciato alle spalle molte persone decedute e ciò mi lascia un po’ interdetta”.
“L’invito è quello di restare a casa”, conclude Jessica, “dove si può riscoprire il vero valore della famiglia, il nido più bello che ci possa essere. Fino ad oggi davamo tutto per scontato e molto peso alle cose futili e banali. Non è bello essere privarti della libertà, ma ci stanno chiedendo di stare a casa e non di prendere le armi e andare in trincea”.
Una bella storia di solidarietà, speranza e riflessione vista l’attuale situazione dalla quale, forse, usciremo tutti un po’ cambiati.